Abbiamo partecipato al progetto “Roots of Peace Conflict Resolution through Nonviolent Communication” (2024-3-PL01-KA153-YOU-000268505) con il desiderio di apprendere nuovi strumenti per trasformare il conflitto. Siamo tornati a casa con molto di più: una nuova postura interiore, radicata nell’ascolto, nella consapevolezza e nella connessione umana.
Per sei giorni, corpo, parole e presenza si sono intrecciati in una danza profonda fatta di teoria e pratica, silenzio e risate, vulnerabilità e forza. Il training course – finanziato dall’Agenzia Nazionale Polacca e coordinato con sensibilità da Fundacja Mudita, insieme a PECO (Italy), Células Durmientes (Spain), Edu2Grow (Portugal), Avatar 3000 (Czechia),Friends of Romanian Children (Romania)– è stato uno spazio sicuro in cui il conflitto è stato esplorato non come muro, ma come soglia: un passaggio verso l’incontro, il dialogo e la trasformazione.
La CNV come linguaggio del cuore
Abbiamo approfondito la Comunicazione Nonviolenta (NVC) non solo come approccio teorico, ma come stile relazionale. Dietro ogni comportamento che genera attrito, c’è un bisogno. Non si tratta di avere ragione o trovare la formula giusta, ma di coltivare uno spazio di ascolto autentico, dove le differenze diventano ponti e non barriere.
Embodiment: apprendere con tutto il corpo
Nel movimento libero, nelle pratiche somatiche e nella danza, abbiamo dato voce a ciò che spesso resta imprigionato nelle parole. Il corpo è stato il nostro primo strumento di apprendimento e connessione. “Il corpo sa, anche quando la mente è ancora in silenzio.”
Comunità come terreno fertile
Il gruppo ha generato uno spazio di fiducia e sostegno che ha reso possibile ogni passo del percorso. Abbiamo condiviso il cibo, le storie, i silenzi e le risate. Abbiamo pianto, danzato, imparato e celebrato insieme. La comunità, nel suo essere viva, è diventata il primo strumento trasformativo.
Un ringraziamento speciale va a Ośrodek Warsztatowy MaPa, il centro che ci ha ospitati. In ogni dettaglio – dal calore delle stanze alla quiete del paesaggio – si è respirato un senso profondo di “casa”. A Joasia Michalczyk, grazie per aver custodito con dedizione questo luogo di luce che ha saputo accogliere vulnerabilità e rinascita. Un grazie di cuore a Gustaw, il nostro cuoco, la cui cucina vegetariana/vegana è stata molto più che nutrimento: un’esperienza sensoriale e rigenerante, un gesto quotidiano di cura. Ogni pasto è stato un abbraccio.
Strumenti concreti, trasformazione quotidiana
Abbiamo lavorato sui conflitti interiori, sull’immagine del nemico e sulle dinamiche di mediazione, esplorando strumenti pratici che molti di noi hanno già portato nel quotidiano – in famiglia, a scuola, sul lavoro. A volte, basta fermarsi e chiedere: “Cosa stai cercando di comunicare?” Perché là dove nasce il conflitto, può anche nascere relazione vera.
“Ogni critica, giudizio, diagnosi ed espressione di rabbia è l’espressione tragica di un bisogno non soddisfatto.” – Marshall Rosenberg
Roots of Peace non sarebbe stato possibile senza la presenza generosa, competente e profondamente umana dei nostri trainer:
- Sylwia Federico, ideatrice e coordinatrice del progetto, ha tessuto uno spazio accogliente e trasformativo.
- Paulina Orbitowska-Fernandez, con la sua empatia e leggerezza, ha guidato momenti di grande profondità.
- Tomek Kowalski, attraverso il corpo e il respiro, ci ha aiutato a sentirci.
- Magdalena Szymańska, con attenzione e cura, ha supportato il gruppo in ogni suo bisogno.
A ciascuno di loro va il nostro grazie più sincero, per l’autenticità, la dedizione e l’ascolto con cui ci hanno accompagnati.
In tre parole: Comunicazione. Corpo. Speranza.
Roots of Peace ci ha mostrato che il conflitto può essere abitato, ascoltato, trasformato. Che la connessione genera potere condiviso. Che la trasformazione inizia non cambiando l’altro, ma scegliendo come vogliamo essere nel mondo.
In un mondo che trema sotto il peso delle guerre, dove il rumore delle armi copre le voci dei cuori, coltivare la pace è un atto radicale di bellezza, coraggio e resistenza. È il seme fragile ma potente da cui può ancora germogliare un domani umano.
Con riconoscenza per ogni persona, gesto, parola e sguardo che hanno reso possibile questo viaggio. Continuiamo a camminare… con le radici nella pace.