Hygge: la pratica danese che può ispirarci durante la quarantena

La quarantena imposta dal protrarsi dell’emergenza coronavirus sta mettendo a dura prova la nostra resistenza. Chiusi nelle nostre case, ci stiamo dedicando a molte attività per tenerci impegnati durante le giornate che si alternano inesorabili…ma quale spunto possiamo prendere dalla cultura danese per rendere più dolce l’amara pillola dell’isolamento?

Da qualche settimana, in tutti i paesi europei (e non solo), si sente parlare di virus, contagi, quarantena e decreti. Puntuali come orologi, ogni giorno giungono notizie da tutto il mondo che ci informano circa la diffusione della pandemia e sulle misure che i governi stanno attuando per far fronte all’emergenza sanitaria, che sta mettendo in ginocchio le economie occidentali.

Non eravamo pronti a tutto questo, nessuno di noi lo era.

Se cinque anni fa fossimo andati nella stamberga di una sedicente maga per avere informazioni sul nostro futuro e lei ci avesse rivelato, al lume di una fievole candela, le scomode verità con le quali stiamo facendo i conti oggi, quanti di noi ci avrebbero creduto? Chi sarebbe stato così coraggioso da credere che una situazione distopica e poco desiderabile come quella delineata dalla maga avrebbe potuto verificarsi e mettere in luce le vulnerabilità di un sistema economico che si crede invincibile?

Non siamo abituati a crederci fallibili e ora, nelle nostre case, ci dedichiamo con zelo alle lamentazioni circa il peso psicologico imposto da una quarantena, che, se è vero che da una parte ci rende a-sociali, dall’altra ci salva la vita.

In questi giorni, grazie anche ai preziosi contributi della rete di Solidarietà Digitale, sono molte le attività nelle quali possiamo dilettarci durante la giornata di quarantena (e se non hai ancora letto i nostri articoli sugli spettacoli teatrali gratuiti o sui corsi online gratuiti è giunto il momento!) e mentre facevo la mia consueta lezione giornaliera di yoga con il mitico Tim Senesi (questo il link al suo canale Youtube) una domanda ha fatto capolino nella mia testa…cosa possiamo imparare dalla cultura danese in questa situazione di quarantena?

Sembrerebbe una domanda fuori contesto o un chiaro sintomo attestante un principio di un qualche disturbo, ma in verità un senso ce l’ha (mi spiace Vasco)!

Durante una delle mie esperienze Erasmus+ a Copenaghen ho conosciuto una ragazza danese, Ida, che, in una fredda serata autunnale, mi raccontò di come in Danimarca le persone tengano molto alla ricerca dell’hygge nelle proprie vite. Incuriosito, le chiesi, intanto di darmi dei suggerimenti su come pronunciare quella parola che a me sembrava impronunciabile e poi di spiegarmi un po’ meglio cosa fosse questo concetto che, dalle sue parole, suonava simile ad una ricetta segreta per la felicità.

“Inizia a pronunciare la parola e poi metti le labbra come se bevessi da una cannuccia e continua a pronunciare” dice Ida e io provo e riprovo fino a che il suono somiglia alla pronuncia originale. Si pronuncia hugga e non esiste una reale definizione per questo concetto così caro alla cultura danese; hygge è uno stato d’animo, un sentimento, un modo di essere: il bagliore delle candele è hygge, stare seduti tra amici è hygge; condividere una fetta di torta al parco è hygge e gli esempi potrebbero continuare all’infinito.  

Hygge è un atteggiamento nei confronti della vita fatto di piccole cose, che si ottiene badando all’essenziale, a ciò che conta davvero, e godendo e celebrando le gioie quotidiane in un clima piacevole e raccolto.

La società danese, essendo fortemente basata sull’uguaglianza, con un servizio sanitario, scolastico e fiscale tra i migliori al mondo, incentiva e promuove l’esplorazione creativa e personale ed è forse per questo motivo che la nazione è considerata una dei luoghi più felici del globo.

Data la scarsità di luce giornaliera che illumina il paese soprattutto nei mesi invernali, c’è una particolare attenzione all’hygge tra le mura domestiche; le case vengono rese ambienti gioviali, caldi e rilassati in cui rifugiarsi con luci e candele, che creano quell’atmosfera accogliente. Materiali naturali e colori freschi ricreano quell’ambiente simile ad un nido, in cui la cura per i dettagli e la personalizzazione fanno da padrone. Le case danesi sono luoghi in cui desideri rimanere a lungo, senza sentire costantemente la necessità di uscire. 

In Danimarca il clima rigido fa sì che le persone passino molto tempo nelle proprie case e queste ultime diventano quasi estensioni della personalità dei proprietari; vi è dunque un impegno affinché esse siano il più confortevoli possibile.

Ida mi racconta che fa la sua cerimonia hygge per se stessa ogni sera; si prepara a sprofondare nella magia della sua abitazione accendendo candele, avvolgendosi in una calda coperta e leggendo o dedicandosi ai ricami; è uno spazio suo, intimo, sacro in cui Ida è totalmente a suo agio e si sente protetta. Un luogo in cui il superfluo non esiste. La sua casa è il suo tempio.

L’hygge e la testimonianza di Ida possono certamente ispirarci in questo momento; in tempi di quarantena il ricreare un’atmosfera calda, confortevole e intima nelle nostre abitazioni può rendere l’isolamento un momento di rinascita. Invece di rammaricarci per tutto ciò che non ci è più consentito fare, possiamo iniziare a domandarci cosa vogliamo davvero e a vedere la nostra casa come il nostro focolare. Lontani dalle distrazioni possiamo ritrovare l’amore per quelle cose che davamo per scontate, ma che scontate non sono. Possiamo riscoprire le nostre passioni e viziarci un po’. Possiamo riappropriarci di quel tempo per noi, che le circostanze attuali ci mostrano caduco e limitato.

E voi, cosa potreste fare per rendere le vostre abitazioni più hygge?

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